ETICA ED ESTETICA DEL PRODOTTO BIOLOGICO, UN’ANTICA QUESTIONE CHE ANDREBBE RISOLTA DEFINITIVAMENTE
Sin dalla sua nascita, il mercato delle produzioni biologiche certificate ha sempre dovuto affrontare la questione legata all’estetica del prodotto bio e al concetto legato al fatto che, la “bruttezza” e l’imperfezione del prodotto biologico fossero sinonimo di una certa qualità del prodotto stesso.
La questione estetica del prodotto bio ha da sempre rappresentato un vero e proprio problema, legato al deficit culturale del consumatore finale, soprattutto per quanto riguarda il mercato della grande distribuzione.
Mentre in tutte quelle realtà di commercio legate al rapporto diretto tra produttore, piccolo commerciante e consumatore finale, la questione estetica non è più così rilevante come in passato (grazie all’educazione impartita al cliente per un rapporto diretto tra venditore e acquirente), nella grande distribuzione il problema continua ad esistere, in quanto si ha a che fare con una clientela meno educata al buono e che acquista principalmente con gli occhi, che osservano più il prodotto che la sua etichetta.
La dicotomia tra etica ed estetica delle produzioni biologiche costituisce un vero e proprio paradosso del mercato, che costringe i produttori bio ad ottenere prodotti che, non solo siano buoni e qualitativamente validi, ma anche belli a vedersi con un occhio ancora poco educato al fatto che, un prodotto buono non per forza debba essere gradevole alla vista (così come il mercato agroalimentare ci ha insegnato in un passato ormai lontano).
L’idea che l’etica debba vincere sull’estetica è intrinseca nello stesso concetto di biologico o meglio, così dovrebbe essere, ma non secondo una logica di mercato sempre più attenta ad assecondare le esigenze del consumatore, anche quando queste non sono eticamente corrette.
Per fortuna dei produttori biologici (anche per quelli che si rivolgono alla grande distribuzione), con lo sviluppo dei mezzi tecnici di ultima generazione e con l’implementazione di moderne tecnologie e pratiche di produzione, si riesce ad ottenere prodotti sempre più “belli”, che vanno incontro alle esigenze estetiche di un consumatore ancora poco attento ai veri principi della qualità del prodotto.
Nelle fasi di postproduzione, nella commercializzazione, i numeri dello “spreco” dei prodotti biologici, legato a meri fattori estetici (come ad esempio la calibratura, i difetti visivi o la forma), è ancora molto alto ed è indice del fatto che bisogna ancora lavorare tanto per sensibilizzare il consumatore.
La problematica fin qui discussa, non riguarda esclusivamente la commercializzazione di prodotti freschi di origine vegetale, ma anche quelli preparati e quelli provenienti dalla zootecnia.
Per quest’ultimo settore, un esempio su tutti può essere fornito dal miele. Come dichiarato dallo stesso CONAPI (Consorzio Nazionale Apicoltori), tra gli anni novanta ed il primo decennio degli anni duemila, il miele biologico ha sofferto tanto il confronto estetico con il miele convenzionale, molto più trasparente, fluido e brillante del primo, ma negli ultimi anni, grazie a nuovi processi produttivi e di lavorazione e a nuove strategie di marketing e packaging, si sono registrati grandi successi e il divario di vendite tra miele bio e miele convenzionale si è ridotto notevolmente, soprattutto per una crescente sensibilizzazione del consumatore finale. Purtroppo, la problematica legata alla drastica diminuzione delle api ed alla contaminazione degli areali di produzione, per via dei cambiamenti climatici, ha innescato una forte crisi del settore del miele bio, ma questo è un altro discorso.
La paradossale dicotomia tra etica ed estetica del prodotto bio andrebbe affrontata e risolta in maniera più convinta ed energica da parte di Comunità Europea e Stati Membri, visto che, la crescente attenzione da parte del consumatore per le tematiche legate alla nutrizione, al gusto, alla salute e all’ambiente, fanno si che i tempi adesso siano sicuramente più maturi rispetto al passato.

