Cosa ci portiamo a casa da Biofach 2023?
Autore: Davide Pierleoni - Responsabile Ufficio Commerciale e Marketing
Inutile negare che le aspettative dei partecipanti erano molto alte. L’edizione estiva del 2022 non era stata all’altezza delle attese (ne avevamo già parlato qui ). Le speranze che il settore e i suoi principali protagonisti riponevano in Biofach 2023 erano davvero tante; una fra tutte, capire la direzione in cui muoversi; se rilanciare ed insistere o abbandonare a favore nuovi prodotti o nuove linee o nuovi segmenti di mercato che appaiono più promettenti.
I dati della fiera come termometro
L’edizione estiva 2022 aveva fatto segnare 24.000 visitatori di 137 nazioni e 2.276 espositori provenienti da 94 paesi del Mondo. Nel 2020, i numeri furono questi; 47.000 visitatori di 136 nazioni con 3.792 espositori provenienti da 110 paesi del Mondo. Tra queste due edizioni si colloca il Biofach 2023 con 37.000 visitatori, 2765 espositori provenienti da 95 paesi. Il mondo bio ha quindi riconfermato la fiducia nella fiera di Norimberga ed almeno questo è un dato positivo.
I dati del bio
Un altro punto di forza della fiera è la presentazione da parte di FIBL, il principale istituto di ricerca in agricoltura biologica al mondo, del report ‘Il mondo dell’agricoltura biologica’, con il quale è stata effettuata una fotografia al 31 dicembre 2021, secondo anno di pandemia. Le superfici bio nel mondo hanno raggiunto i 76 milioni di ettari in 191 paesi con una crescita dell’1,7% sull’anno precedente che sono coltivati da 3,7 milioni di agricoltori; il valore del mercato mondiale bio ha toccato i 125 miliardi di euro con 15 miliardi in più rispetto al 2020, confermando gli USA con 48,6 miliardi come il mercato più ricco. Tuttavia, si avvertono segnali di rallentamento in ogni mercato continentale a causa di un’inflazione alta che mangia il potere di acquisto delle famiglie e che deprime i consumi di prodotto bio.
Nel Vecchio Continente la SAU bio ha raggiunto i 17,8 milioni di ettari; tra i top player del bio si confermano Francia al primo posto con 2,8 milioni di ettari (+ 300.000 rispetto al 2021), seguita da Spagna con 2,6 milioni di ettari (+200.000 rispetto al 2021) e Italia con 2,2 milioni di ettari (+100.000 rispetto al 2021). Il settore cresce ancora, magari meno che in passato, ma cresce. La strategia comunitaria chiamata “from farm to fork” ha nel mirino l’obiettivo del 25% della SAU agricola europea coltivata a Bio e gli spazi di crescita ci sono ancora.
Anche nell’anno secondo D.C. (dopo Covid), i dati delle vendite hanno confermato ancora una crescita, raggiungendo i 54,5 miliardi di euro (+2,5 miliardi), con la Germania, principale mercato europeo per il bio che vale 15,9 miliardi e la Francia che ne vale 12,7. Non dimentichiamo che l’Italia è il loro principale partner e gioca un ruolo fondamentale nei flussi di prodotto bio verso i due paesi, sebbene il nostro mercato valga meno della metà.
In Italia?
Il 2021 si è chiuso con un deciso segno meno (-4,6%), almeno per quanto concerne i consumi di biologico nel nostro paese. I dati del 2022 sono in elaborazione da parte dei nostri autorevoli istituti di ricerca; tuttavia, i primi dati aggiornati a luglio 2022, ci indicano un volume di vendite sul mercato interno pari a 5 miliardi, a cui si aggiungono 3,4 miliardi di valore destinato all’export. Occorre considerare la spinta inflattiva sui prezzi e quindi è fortemente probabile che l’aumento a valore non corrisponda ad un aumento dei volumi. Rimangono inalterati e confermati i drivers d’acquisto classici (salute, ambiente, qualità) che spingono i consumatori a preferire il bio e questa è un’ottima notizia ed è il principale punto di forza del settore. Tuttavia, il concetto di “sostenibilità” che oramai permea ogni comunicazione proveniente dal mercato, rischia di annebbiare la capacità del consumatore medio di distinguere tra un prodotto “biologico” e un prodotto “sostenibile”; come è a tutti noto, il primo è ottenuto da imprese sottoposte ad un collaudato ed efficace sistema di controllo e certificazione, che è regolamentato a livello europeo e fornisce il massimo delle garanzie. Il secondo naviga tra standard auto incensanti, volontari, non confrontabili e con un sistema di controllo e certificazione addirittura assente, dove vince chi ha più soldi da spendere in comunicazione.
Ed è proprio nella comunicazione che per il settore biologico occorre fare una grande sforzo collettivo; una comunicazione “istituzionale” capace di arrivare alle famiglie e ai consumatori che consenta di innalzare la quota di consumo bio domestico, portando l’Italia agli stessi livelli di Francia e Germania.
Certificazione: Reg. Ue 2018/848, il biologico nell’Unione Europea
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