La Ristorazione Collettiva biologica

La Ristorazione Collettiva biologica

Nel corso della pandemia causata da Covid-19 i consumi domestici di prodotti biologici non hanno subito shock di mercato. I recenti dati continuano a testimoniare una crescita dei consumi; tuttavia, il settore HO.RE.CA. ovvero la ristorazione commerciale privata e laa ristorazione collettiva pubblica o privata, hanno accusato un duro colpo legato al perdurare del lockdown che per lunghi mesi ha determinato la chiusura temporanea di mense pubbliche, come le scuole o private, come quelle legate ai luoghi di lavoro.

Effetto COVID-19

Anche la ristorazione collettiva e privata bio ha risentito di ciò ed anche le filiere a monte hanno subito un duro colpo, basti pensare ai fornitori di prodotti quali pane, frutta, carne, uova, che di colpo si sono trovati senza un importante canale di vendita, capace di assorbire giornalmente una quantità consistente della produzione. In genere si tratta di prodotti freschi, con filiere a km quasi zero, realizzate da piccoli artigiani se non addirittura aziende agricole, quindi aziende fragili con una scarsa capacità di trovare soluzioni di commercializzazione alternativa e con poche risorse economiche per fronteggiare il lungo stop.

Possiamo fiduciosamente immaginare che la fine della pandemia determinerà nuovamente l’apertura di questi importanti canali di consumo e quindi vale la pena ricordare quali sono le regole per la certificazione della ristorazione collettiva commerciale bio.

Le regole europee e quelle nazionali

Nel regolamento Ce n. 834/2007 che -ricordiamolo - andrà in pensione il 31 dicembre 2021, si afferma che la ristorazione collettiva non è inclusa nel campo di applicazione e che l’unico modo per certificare questo servizio (perché – è bene sottolinearlo - non si tratta di un prodotto alimentare) è fare ricorso a norme nazionali che lo disciplinano oppure, in mancanza, a norme private. Ahimè, anche il Regolamento CE 848/2018, che lo sostituirà dal 1° gennaio 2022, compie il medesimo “misfatto” ossia afferma che gli Stati membri possono applicare norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private sulla produzione, sull’etichettatura e il controllo dei prodotti provenienti da operazioni di ristorazione collettiva.

In Italia non abbiamo una normativa nazionale specifica sulla ristorazione collettiva o privata biologica e, quindi, per quanti intendano certificare la propria attività, ne consegue la necessità di affidarsi a norme private; tuttavia è bene ricordare che il logo di produzione biologica dell’Unione europea non deve essere utilizzato nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità di tali prodotti e non è utilizzato per pubblicizzare la collettività.

A dire il vero, per questo il Mipaaf è intervenuto con la nota n°67366 del 8.10.2015 chiarendo che la preparazione di alimenti presso i centri cottura e le cucine centralizzate e trasportati con mezzi idonei presso le unità termini di somministrazione, si configura come attività di preparazione ai sensi dell’art. 2. i) del Reg. CE 834/07. Tale attività, pertanto, risulterebbe certificabile ai sensi del Reg. CE n. 834/07, ma, al fine di ottenere la certificazione biologica, i centri di cottura e le cucine centralizzate dovrebbero rispettare i requisiti previsti dalla normativa europea e nazionale relativa all’attività di preparazione di alimenti biologici e,  cosa che scoraggia e materialmente impedisce la certificazione, i prodotti dovrebbero essere preconfezionati in imballaggi mono o pluri-porzione ed etichettati nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 24 del Reg. CE 834/07. Tale cosa non è realizzabile nella stragrande maggioranza delle attività di ristorazione collettiva e quindi, di fatto, la norma ministeriale rimane priva di reale applicazione pratica.

Il mercato cosa chiede?

Stando ai dati diffusi da Biobank, nel 2019 il mercato della ristorazione biologica privata è stimato in 667 milioni di euro (+ 10% rispetto al 2018). Il numero dei ristoranti biologici nel quinquennio che va dal 2015 al 2019 è passato da 450 a 543 (+20,7%). Nell’orizzonte temporale che parte dal 1996, primo anno di rilevazione Biobank, l’incremento è del 664,8%. Il quinquennio 2012-2016 è stato il più prolifico in termini di nuove aperture con tassi di crescita annui compresi tra l’11% e il 16%; nel corso del triennio 2017-2019, invece, le chiusure hanno superato le nuove aperture seppur per poche unità. La metà dei 543 esercizi di ristorazione censiti nel 2019 (64% concentrati nel nord del Paese) utilizza più del 90% di ingredienti bio nella preparazione dei pasti.

Nella ristorazione collettiva pubblica, la parte del leone la fa quella scolastica; sempre secondo BioBank rapport Mense Scolastiche 2018, prima dell’emergenza Covid il trend del settore era positivo anche se non più caratterizzato dalle crescite a doppia cifra registrate nel 2002, 2008 e 2011. Le mense scolastiche bio sono passate dalle 1.288 unità del 2016 alle 1.311 del 2017, con un incremento del 1,8%. Buona parte delle mense scolastiche biologiche sono concentrate nel Nord Italia con 917 unità (70% del totale). Segue, a distanza il Centro Italia con 225 mense (17%) e infine il Sud, cresciuto negli ultimi anni, con 169 mense (13%).

Le Regioni con più mense bio in assoluto sono la Lombardia (245) il Veneto (215) e l’Emilia-Romagna (163).

E CCPB cosa fa?

CCPB ha adottato un proprio disciplinare privato (lo trovate qui https://www.ccpb.it/wp-content/uploads/2020/02/Standard-BIO-ED-2-REV-5-2020_01_30-ITA-edit.pdf) per la certificazione della Ristorazione Collettiva pubblica o privata e lo mette a disposizione di quanti intendano diversificare la propria offerta di servizio, introducendo il prodotto biologico o, addirittura, intendano convertirsi alla ristorazione biologica tout court.

Il Capitolo 6.11 ne tratta in dettaglio, fornendo una descrizione dei requisiti da rispettare inerenti alle seguenti fasi del processo produttivo:

  • tipologia delle strutture
  • accettazione delle materie prime
  • stoccaggio
  • modalità di preparazione
  • documenti e registrazioni
  • confezionamento
  • trasporti
  • rilascio della certificazione

Il certificato rilasciato da CCPB sulla base della norma privata consente di infondere fiducia, sia nell’utente privato che consuma il prodotto biologico al ristorante, ma anche per la stazione appaltante (ad esempio, il Comune, l’Ospedale, la Casa di Riposo, la Scuola di ogni ordine e grado), che vuole garantire che il servizio di ristorazione sia effettuato con prodotti biologici e, in assenza di una normativa pubblica che ancora non esiste, si affida alla norma privata come elemento di garanzia e trasparenza.

Per ricevere un preventivo, potete contattare l’Ufficio Commerciale di CCPB al numero 071 7916311 Davide Pierleoni dpierleoni@ccpb.it .