Il mercato: antidoto all’abbandono del biologico

Pubblicato il: 12/05/2021

Autore: Fabrizio Piva - Amministratore Delegato CCPB

Il mercato: antidoto all’abbandono del biologico

La pubblicazione dello studio condotto da Rete Rurale (qui PDF) sulle motivazioni alla base della fuoriuscita delle aziende biologiche dal sistema di controllo e certificazione del biologico, offre lo spunto per riflettere sull'obiettivo del 25% della SAU bio da raggiungere entro il 2030.

Perché uscire dal biologico?

Lo studio ha correttamente preso in esame diverse motivazioni ed ha offerto al lettore differenti piste di riflessione con l’obiettivo di individuare percorsi che invertano la tendenza e contribuiscano al raggiungimento dell’obiettivo comunitario anche perché dal 2016 non i registrano significativi incrementi e se ora l’Italia annovera all’incirca 2 milioni di ettari a biologico, al 2030 dovrebbe raggiungere la cifra di 3,15 milioni di ettari ed il trend di crescita delle nuove aziende in conversione è, negli ultimi tre anni, negativo.

Concentrandosi su alcuni aspetti, lo studio si sofferma giustamente sul ruolo degli incentivi pubblici, basti pensare che la SAU in conversione del 2019 era “coperta” da contributi PSR (Piani di Sviluppo Rurali) per il 75% della SAU complessiva; purtroppo lo stesso studio, nel contempo, non analizza nel dettaglio il fenomeno dell’uscita delle aziende in concomitanza con il termine dell’impegno quinquennale derivante dai PSR. Fenomeno che testimonia come una gran parte delle aziende sia ancora collegata all’incentivo pubblico e poco con la motivazione dettata dal mercato, quel mercato che la stessa analisi individua come una delle cause dell’abbandono del biologico da parte di molte aziende.

Il ruolo del mercato

Il miglior antidoto per prevenire l’abbandono è sicuramente il mercato, in tutti questi anni le aziende che hanno trovato una giusta collocazione dei propri prodotti sul mercato hanno mantenuto l’impegno nel biologico a differenza, invece, di quelle che hanno rincorso l’incentivo pubblico. Lo studio giustamente individua alcune misure perché gli incentivi pubblici siano garantiti per più tempo, ad esempio prevedendo che il contributo all’entrata sia garantito per 5 anni e non solo per i primi 2/3 anni corrispondenti al periodo di conversione; si tratta sicuramente di una misura incentivante ma è necessario che questa sia accompagnata da un mercato che premi il prodotto biologico e non venga banalizzato o “commodizzato” come invece sta accadendo in questi ultimi tempi.

Negli ultimi due anni abbiamo assistito anche ad una certa “pesantezza” per quei comparti ove l’offerta è cresciuta ed ha superato la domanda: in questi casi una certa programmazione basata sulla disponibilità di dati preventivi può essere utile per evitare di appesantire determinati mercati.

Burocrazia

Anche in questo studio la burocratizzazione viene vista come uno degli elementi che più ha pesato negativamente sulla permanenza delle aziende nel settore biologico. Tutto vero, in particolare per il biologico, ma questo fardello non è certo da imputare agli organismi di certificazione che sono vittime della stessa burocrazia e devono applicare procedure di controllo e certificazione che derivano dall’eccessiva produzione normativa.

Se le non conformità, cosiddette di carattere documentale, sono preminenti rispetto a quelle definite quali irregolarità o infrazioni significa che il settore “sta bene” e non che ci si concentra sugli aspetti documentali. La correzione della documentazione consente di prevenire e correggere situazioni che potrebbero assumere connotati ben più gravi.

Oneri e costi della certificazione

Anche per quanto concerne gli oneri derivanti dalla certificazione è bene ricordare che gli oneri, intesi come costi, diretti si collocano mediamente in un anno intorno ai 350 Euro a cui aggiungere l’IVA di legge; per quanto riguarda invece i costi indiretti collegati all’introduzione ed al mantenimento di un sistema di certificazione, questi dipendono dalla normativa in essere e comunque aver portato il biologico a lavorare secondo un sistema qualità è un valore e non un appesantimento.

Anche in questo caso occorre organizzare il sistema produttivo al fine di cogliere risultati di mercato in grado di coprire i costi di produzione, inclusi quelli di un sistema qualità efficiente, e di poter investire in tecnologia e innovazione per rendere sempre più efficienti i processi produttivi.

La nuova normativa comunitaria che entrerà in applicazione il prossimo 01.01.2022 non va certo nella direzione di semplificare i sistemi e per questo occorre che il mercato premi chi adotta il metodo biologico, questa è la leva per attrarre nuove aziende e, fra queste, le migliori. A seguire tutte le altre.