Pandemia, sostenibilità e certificazione
La Pandemia da COVID 19, che sta interessando l’intero pianeta, ha profondamente modificato lo stile di vita, le aspettative di ogni cittadino-consumatore, l’adozione di strumenti interattivi, i processi produttivi e lo stesso concetto di sostenibilità.
Quest’ultimo elemento è per noi di CCPB molto caro perché siamo nati con l’obiettivo di valutare e certificare i processi produttivi, a partire dal biologico, che sono attinenti alla sostenibilità, ma non tanto per un mero ritorno allo stato di natura quanto piuttosto per dare valore a prodotti e processi che in modo efficiente e moderno potessero soddisfare le esigenze di un consumatore più attento alla propria salute e a quella dell’ambiente in cui siamo immersi e che è alla base della perpetuazione degli stessi processi produttivi.
Cosa ha cambiato la Pandemia
La Pandemia ci porta a riflettere sul significato di sostenibilità ed ha aggiunto nuovi fattori di riflessione che non possono non interessare chi si occupa di produzione biologica e di prodotti sostenibili che entrano in un perimetro ancor più vasto del biologico. Nei primi momenti del lockdown abbiamo scoperto, ad esempio, quanto sia essenziale la continuità di fornitura dei prodotti agroalimentari, oppure quanto possa essere forte il legame fra l’alterazione dei sistemi ecologici e la diffusione, nel caso specifico, delle particelle virali, ancora quanto sia importante anche la garanzia dell’autosufficienza alimentare. Questi pochi elementi rafforzano la consapevolezza sia di quanto la sostenibilità sia essenziale per prevenire situazioni così rischiose ma anche di come il suo concetto debba essere aggiornato e riformulato.
Non tutti riescono e/o vogliono essere sostenibili
Qualità e quantità devono sempre più “viaggiare insieme” e il raggiungimento di tale binomio implica maggiore conoscenza ed innovazione: è essenziale che le aziende del settore agroalimentare siano più disponibili ad innovare: il fatto che da un’analisi di Nomisma, condotta su 1.000 aziende agricole con una superficie media di 63 ha, solo il 45% abbiano avviato un percorso di investimenti è troppo poco. Accanto all’innovazione servono sistemi in grado di veicolare meglio gli incentivi previsti in ambito comunitario e nazionale, a tutt’oggi la burocrazia ed i sistemi informatici che sono alla base di ciò sono troppo farraginosi e dirottano troppo tempo e risorse che dovrebbero essere dedicate alla produzione.
Occorre recuperare il rapporto con la scienza affinché si possa mantenere un livello produttivo adeguato con il minor uso di risorse, non possiamo scandalizzarci dall’adozione di tecniche genetiche, non OGM, e da un concetto di intensificazione sostenibile che va perseguito contestualmente all’annullamento dello spreco di risorse (e fra le risorse dobbiamo aggiungere anche il tempo dell’uomo). Il biologico e tutti i percorsi di produzione sostenibili devono adottare tecniche di precisione che consentano di ridurre l’uso delle risorse e, così, permettano di aumentare la resa produttiva per unità di input.
Come è cambiata la sostenibilità
L’accettazione da parte del consumatore implica anche il meccanismo della garanzia, che va al di là della conformità legale sanitaria, in una logica di certificazione volontaria che in modo efficiente trasmette i valori accumulati lungo le filiere di produzione. Mai come nel periodo del lockdown è aumentato il consumo di prodotti biologici e di prodotti di qualità, oggetto di certificazione sia nell’ambito degli schemi regolamentati che volontari.
È di fatto cambiato il concetto di sostenibilità; non è più uno sgabello a tre gambe con l’aggettivazione di economica, ecologica e sociale ma piuttosto un fiore con diversi petali in cui ad economia, ecologia ed etica si sono aggiunti la sanità, la nutrizione, la scienza/innovazione, l’informatica e la responsabilità. Quest’ultima è la connotazione che dovrebbe permeare tutte le altre assumendo che l’uomo possa diventare amministratore responsabile dell’universo.
Certificazione: Pandemia, sostenibilità e certificazione
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