Le etichette dei prodotti, anche bio, raccontano i consumi degli italiani
Autore: Marco Alfideo - Ufficio Attività di controllo e certificazione Prodotti Biologici CCPB
In questo piccolo spazio ci occupiamo di etichettatura e cogliamo l’occasione per segnalare un interessante studio effettuato da l’Osservatorio Immagino di Nielsen GS1 Italy, sull’impatto sui consumi di alcuni claims presenti sulle etichette dei prodotti alimentari e cosmetici.
Grazie all’incrocio tra le informazioni in etichetta di oltre 100 mila referenze con i dati di consumi e vendite in Italia sono riusciti a misurare qual è il consumo di prodotti “free from” (come il “senza glutine” o “senza olio di palma”) e quelli “rich in” (arricchiti), come cresce l’universo vegano e il biologico e qual è il profilo di consumo di chi è sensibile alle intolleranze alimentari o all’italianità dei prodotti.
Osservatorio Immagino - il carrello della spesa in Italia
Osservatorio immagino è un’associazione senza scopo di lucro che riunisce 35 mila imprese di beni di consumo, creata per semplificare lo scambio di informazioni e immagini di prodotto tra produttori e distributori.
L’edizione numero 5 merita attenzione sotto diversi aspetti e con questo breve intervento ne evidenziamo qualcuno:
- i prodotti biologici continuano a crescere e ad occupare una fetta rilevante del mercato dei prodotti alimentari. Questo paniere composto da 6.656 prodotti durante il 2018 ha accresciuto le vendite del +6,4% rispetto ai 12 mesi precedenti, anche grazie a un ampliamento del +9,0% dell’offerta. Uova, cereali per la prima colazione e confetture sono stati i prodotti che hanno dato il maggior contributo alla crescita del giro d’affari del claim bio, anche se l’incremento è abbastanza generalizzato e ha coinvolto quasi tutte le categorie dell’alimentare.
- andamento positivo anche per i prodotti accompagnati dal claim “vegano”, che hanno chiuso il 2018 con il 5,8% di vendite in più rispetto al 2017, conquistando una quota del 4,0% sul totale food. Crescono anche i claims riferiti ai prodotti conformi ai dettami della religione ebraica e di quella musulmana;
- una particolare menzione va riservata ai claims che richiamano all’italianità: i prodotti alimentari confezionati che hanno in etichetta o un claim riferito al “made in Italy” o una delle certificazioni DOP o IGP hanno ormai consolidato la loro attrattività sugli scaffali. Una dinamica che conferma come il richiamo all’italianità sia uno dei plus di prodotto più apprezzato dai consumatori e come ci sia ancora ampio spazio di crescita per le aziende che intendono valorizzare questi aspetti. All’interno del paniere dei prodotti analizzati dall’Osservatorio Immagino nel 2018 (oltre 18 mila i prodotti), è stata la “bandiera italiana” il visual più usato sui pack per segnalare l’italianità di un prodotto alimentare (per giro d’affari, con oltre 4 miliardi di euro di vendite, in crescita annua del +1,7%). Ma il claim che nel 2018 ha ottenuto la miglior performance è stato “100% italiano”, entrato prepotentemente e trasversalmente nelle famiglie italiane.
- le etichette con diciture “free from”, indicazioni che vantano l’assenza di determinate sostanze o ingredienti, mostrano un andamento altalenante e dinamico (seguono le mode del momento). Aumenta la quota di mercato dei prodotti che comunicano in etichetta di essere privi o a ridotto contenuto di zuccheri e additivi, mentre “senza conservanti”, “senza coloranti” e “senza grassi idrogenati” risultano in calo. Tra i “free from”, è opportuno segnalare il “senza antibiotici”, un claim emergente, ormai richiestissimo dai consumatori.
Alcune avvertenze
Non tutto è ammesso nel mondo dell’etichettatura dei prodotti alimentari, è sempre necessario infatti confrontarsi e rispettare le normative specifiche di settore. Ad esempio, per i “claims nutrizionali” (qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche) e per i “claims sulla salute” (qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l'esistenza di un rapporto tra un categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute) è necessario fare riferimento ai Reg. nn. 1924/2006 (per i “claims nutrizionali”) e 432/2012 (per i “claims sulla salute”). Gli allegati di questi due Regolamenti europei elencano le indicazioni ammesse e specificano le condizioni per l’uso delle stesse.
Per tutto ciò che non è previsto dai due citati Regolamenti, i claims sono apposti sotto responsabilità degli Operatori del Settore Alimentare, ma anche in questo caso con dei limiti. Gli Art. nn. 7 e 36 del Reg. 1169/2011 prevedono che: Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare:
- per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione;
- attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;
- suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive;
- suggerendo, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un particolare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presente o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento è stato sostituito con un diverso componente o un diverso ingrediente.
Quindi se da un lato i claims volontari sono un potente veicolo di comunicazione e marketing, dall’altro devono essere utilizzate con parsimonia, per non superare la sottile linea di confine tra “consentito” e “non consentito”. Particolare attenzione va posta alle informazioni che vantano caratteristiche che sono comuni a tutti i prodotti della stessa categoria. È il caso, ad esempio, dei claims “senza coloranti" o "senza OGM" o "senza glutammato" o "senza conservanti" (solo per citarne qualcuno) sulle etichette dei prodotti biologici. La regolamentazione dei prodotti biologici non ammette l'utilizzo di conservanti, OGM o glutammato per cui è consigliabile una particolare cautela ed è opportuno che venga effettuata una adeguata valutazione rischi/benefici.
Il valore della certificazione
A parte i prodotti biologici ed i prodotti DOP, IGP, STG, per i quali è obbligatoria una certificazione da un organismo autorizzato dal MIPAAFT, e le carni bovine e avicole, per le quali deve esserci un riconoscimento ministeriale di un apposito disciplinare di produzione, le diciture volontarie sugli alimenti sono rilasciate dagli Operatori del Settore Alimentare senza necessità di un controllo a monte (autocertificazione dell’OSA).
Tuttavia, per alcuni claims, è possibile ricorrere alla certificazione di prodotto, una attestazione rilasciata da un ente terzo indipendente che esegue controlli per verificare il rispetto dei requisiti previsti da determinate norme o specifiche tecniche. Il marchio di certificazione apposto sull'etichetta diventa così un ottimo strumento che comunica efficacemente il valore aggiunto e i fattori differenzianti del prodotto certificato. Dal sito del CCPB, https://www.ccpb.it è possibile consultare l’elenco delle certificazioni di prodotto ed i relativi documenti tecnici. In particolare, per quanto attiene agli argomenti trattati in questo spazio segnaliamo la “Certificazione prodotti con requisito NON-OGM, la certificazione DTP 19 Uova senza antibiotici e altre certificazioni agroalimentari.
Per qualsiasi necessità i nostri uffici sono a disposizione.