L’acido fosforoso mette in pericolo il biologico italiano
Continua l’incertezza tecnico/scientifica sulla presenza di acido fosforoso/fosfonico nei prodotti biologici, freschi e/o trasformati. Un’incertezza rischia di riverberarsi in modo negativo sulle produzioni nazionali: le bozze di note o circolari che si rincorrono impongono limiti, di 0,05 ppm per i prodotti freschi annuali e 0,1 ppm per i prodotti freschi da coltivazioni arboree, oltre i quali scatta la soppressione delle indicazioni biologiche (de-certificazione).
I rischi
Simili limiti rischiano di essere un’ecatombe perché la percentuale di positività all’acido fosforoso supera abbondantemente il 50% dei campioni inviati all’analisi di laboratorio. Fissare la sola presenza di uno dei due metaboliti del Phosetyl Al, l’acido fosfonico/fosforoso, e non la contemporanea presenza anche dell’acido etilfosfonico, come precedentemente si applicava, mette a rischio la produzione agricola biologica italiana, e in particolare quella ortofrutticola, ponendola in condizioni di inferiorità competitiva rispetto a quella proveniente da altri paesi europei e non.
Cosa non si capisce
Non si capisce per quale motivo si debbano assumere tali scelte quando in ambito internazionale, si veda l’allegata traduzione in italiano della procedura assunta dagli organismi di certificazione internazionali in ambito EOCC, è previsto che la presenza di acido fosforoso possa derivare anche da sostanze ammesse quali fertilizzanti organici, alghe, derivati dall’industria vitivinicola o altro e non solamente da sostanze non ammesse. Nella stessa linea guida è stata fissata una soglia pari a 0,2 ppm per attivare un’indagine ufficiale e non per de-certificare i prodotti e nel caso in cui dall’indagine non si riesca a risalire alla causa della presenza del solo acido fosforoso/fosfonico il prodotto è considerato biologico mentre l’azienda deve rientrare in un ciclo di controllo rinforzato.
Non si capisce neppure per quale motivo si accetti, per confermare la positività, la contemporanea presenza dei due metaboliti nei soli prodotti trasformati e non anche nei prodotti freschi.
Mezzi tecnici
Anche per la presenza del solo acido fosforoso/fosfonico nei mezzi tecnici (fertilizzanti e in un caso un prodotto per la difesa) non ne è stata chiarita la causa e la provenienza, e in qualsiasi caso è giusto garantire ai produttori biologici che possano utilizzare fra i prodotti ammessi prodotti che non abbiano subito alterazioni con ingredienti non ammessi. Gli organismi di certificazione non hanno mai ricevuto ufficialmente un elenco di mezzi tecnici in cui è stato rinvenuto un elevato livello di acido fosforoso/fosfonico e, con molta probabilità, non vi era neppure una ragione scientifica fondata perché ricevessero tale informazione; analogamente non abbiamo notizia che siano stati eliminati dall’elenco dei fertilizzanti prodotti per tale ragione.
Alcuni sostengono che il problema stia nel metodo di determinazione analitico e che prima di pervenire a qualsiasi decisione sia necessario partire da questo aspetto e poi eventualmente indagare la reale presenza di sostanze non ammesse che, però, interesserebbero una platea di produttori molto vasta e, già per questo motivo, poco credibile.
Maggiore chiarezza
Ciò che serve è maggiore chiarezza per l’intera filiera e in questa rientrano anche gli organismi di certificazione che sono chiamati a fare le valutazioni, molto delicate, del caso. La situazione però non è per nulla chiara e rischiamo di scaricarla interamente sulle spalle del sistema produttivo nazionale che ancora una volta deve giocare ad “armi non pari” con altri sistemi produttivi. Un tema di questo tipo, oggetto anche di molte richieste di chiarimento transfrontaliere, avrebbe potuto e dovuto coinvolgere le istituzioni comunitarie ed i centri di ricerca di vari paesi al fine di giungere ad una procedura condivisa.