Comunicare la qualità con il SQNPI
Pubblicato il: 10/10/2017
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Lo scorso 18 Maggio è entrata in vigore la revisione 3 del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata, meglio conosciuto con l’acronimo SQNPI.
Il progetto portato avanti dal MIPAAF si pone l’obiettivo di valorizzare i prodotti agricoli, sia freschi che trasformati, derivanti da produzione integrata, cercando di sviluppare un concetto nazionale di tali pratiche agronomiche, che ancora oggi mostrano un carattere frammentato e regionale. Tale Sistema non vuole sovrapporsi ai Disciplinari di Produzione Integrata predisposti dalle Regioni, semmai li esalta e fornisce uno strumento unico e riconosciuto a livello nazionale per comunicare al consumatore la qualità delle produzioni integrate italiane.
A più di un anno dalla partenza, però, sono più rari che pochi i prodotti che si fregiano del marchio SQNPI ed è praticamente impossibile trovarli sugli scaffali dei negozi di alimentari. Ciò non è dovuto ad una mancanza di materia prima certificata, anzi, tutt’altro! Molte Regioni riconoscono il SQNPI nei loro PSR ed altri bandi e, quindi, le aziende agricole certificate sono già tante, ma come spesso accade in questi casi, la certificazione di tali prodotti si ferma all’ottenimento del punteggio per il contributo, non trovando un canale di vendita. Il prodotto certificato SQNPI, di qualità superiore, è considerato alla pari di un prodotto convenzionale.
Ma allora perché non sfruttare l’occasione?! Se il prodotto è già certificato per la misura del PSR, perché non venderlo come prodotto di Qualità?! Il marchio SQNPI potrebbe essere la novità che valorizza le produzioni italiane integrate e fare la differenza con prodotti di qualità inferiore. Ad oggi sono ancora poche le richieste di uso del marchio ed il settore vitivinicolo è pioniere, come spesso accade.
Ma cosa serve per etichettare un prodotto col logo SQNPI? Il rispetto delle classiche “buone pratiche di fabbricazione”: separazione ed identificazione delle produzioni, tracciabilità, registrazioni in ordine, unite al rispetto dei Disciplinari di Produzione Integrata anche per la fase di post-raccolta.
La forza del SQNPI è che tutta la filiera dev’essere controllata, dal campo alla commercializzazione del prodotto sfuso, passando per tutte le strutture che movimentano il prodotto. In pratica, si escludono dalla certificazione solo le strutture che commercializzano prodotto confezionato, quindi chiuso e non ulteriormente manipolato.
E per certificare un prodotto trasformato?! Esso dev’essere composto per il 95% da materia prima agricola e questa dev’essere certificata SQNPI. E’ possibile utilizzare al massimo il 5% di materia agricola prima non certificata, ma solo se la controparte certificata non è disponibile sul mercato nazionale. Gli additivi da utilizzare devo essere elencati nel DPI della Regione e solo se tecnicamente inevitabili.
Per valorizzare ulteriormente i prodotti, è possibile affiancare al logo SQNPI quello dell’organismo certificatore.
La domanda di certificazione deve pervenire attraverso il portale SIPI della RRN: è fondamentale che, in fase di compilazione, si scelga come scopo di certificazione l’uso del marchio e si inseriscano tra le attività la trasformazione e tra le strutture tutte quelle che partecipano alla realizzazione del prodotto finito.
Per ulteriori info rimandiamo alla pagina del sito www.ccpb.it dedicata al SQNPI.[:]

Certificazione: Comunicare la qualità con il SQNPI
Tags: Agricoltura, agroalimentare, Disciplinari regionali, Produzione integrata, SQNPI