Inseguire nuovi valori: il mito della decrescita normativa

Pubblicato il: 14/07/2017

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Inseguire nuovi valori: il mito della decrescita normativa
Assisteremo presto alla conclusione del lungo iter della procedura di trilogo che porterà alla seconda “completa revisione” della regolamentazione unionale di riferimento per la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici in Europa, e che si applicherà a decorrere dal 1 luglio 2020. regolamenti biologicoSenza entrare nel merito dei contenuti dei nuovi provvedimenti, sui quali avremo modo di tornare una volta che saranno disponibili sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, cogliamo questa occasione per fare un piccolo quadro riepilogativo sull’evoluzione normativa che regolamenta il settore sulle due sponde del nord Atlantico, Europa da una parte e Stati Uniti e Canada dall’altra, storica area di grandi scambi commerciali anche per quanto riguarda i prodotti biologici. Gli Stati Uniti, anche sulla spinta di alcune leggi statali, ad esempio quella della California, furono i primi a dotarsi di un quadro di riferimento federale: l’Organic Food Production Act – OFPA - risale infatti al 1990, ma divenne operativo solo dopo l’entrata in vigore del National Organic Program, in sigla U.S. National Organic Program, 7 CFR Part 205, pubblicato il 13 dicembre 2000. La norma nella sua struttura è fin dall’inizio molto semplice e lineare: indica chiaramente cosa deve essere certificato, definendo quali sono i requisiti per la produzione, la trasformazione e l’etichettatura dei prodotti biologici; stabilisce quali sono le procedure di certificazione (dalla domanda inziale all’esecuzione dell’ispezione fino alla concessione della certificazione) e indica i requisiti di accreditamento degli Organismi di certificazione; si conclude infine con una parte amministrativa, ovvero gli elenchi delle sostanze ammesse e proibite in tutte la fasi di produzione, allevamento e trasformazione dei prodotti biologici e altri requisiti per la gestione del programma stesso. L’intero programma NOP è incardinato nell’ambito dell’AMS (Agricultural Marketing Services) dell’USDA, ed ha la responsabilità dello sviluppo delle norme nazionali per i prodotti biologici. Queste norme assicurano ai consumatori che i prodotti con il logo bio dell’USDA soddisfino standard coerenti ed uniformi. Le attività principali del programma sono relative a: pubblicazione del database degli operatori certificati; sviluppo di guide e regolamenti; gestione delle liste delle sostanze ammesse e proibite; accreditamento degli Organismi di certificazione; sviluppo di politiche e di accordi di equivalenza legate all’import/export; indagine su reclami e violazioni; organizzazione di training sia per gli operatori che per gli Organismi di certificazione. Il Canada si è dotato molto più recentemente della propria legge, l’Organic Product Regulation, con una prima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2006. A differenza degli Stati Uniti, questa legge, per quanto riguarda requisiti tecnici di produzione, trasformazione ed elenchi di sostanze ammesse e proibite, rimanda a due specifici Standard (CAN/CGSB-32.310 e CAN/CGSB-32.311) redatti e periodicamente revisionati dal CGSB, il Canadian General Standards Board, cioè l’Ente di normazione canadese. Il complesso delle norme canadesi (Organic Product Regulation, i due Standard, ed il Manuale di gestione del Canadian Organic Office) è anche noto come COR, Canadian Organic Regime. Il COR è gestito dal CFIA (Canadian Food Inspection Agency), che ha principalmente il ruolo di accreditare gli Organismi di certificazione e di svolgere attività di sorveglianza sul mercato. L’accreditamento degli Organismi è svolto indirettamente, e si avvale dell’attività di valutazione condotta dai CVB (Conformity Verification Body) con i quali il CFIA ha stipulato uno specifico accordo. Altre responsabilità del CFIA sono relative a sviluppo di politiche e di accordi di equivalenza legate all’import/export; indagine su reclami e violazioni; è inoltre in fase di sviluppo la pubblicazione del database degli operatori certificati. L’Unione Europea arriva in leggero ritardo rispetto agli Stati Uniti: il primo regolamento (Reg. CEE n. 2092) risale al 24 giugno del 1991, ma è però direttamente applicabile e quindi immediatamente operativo. La differenza principale rispetto all’altra sponda dell’oceano è che il sistema di certificazione non è univoco ma è demandato ai singoli stati membri e basato, a seconda dei casi, sull’attività di Autorità di controllo (pubbliche), di Organismi di certificazione (privati) o un mix di entrambi. Un altro elemento distintivo sono le regole per l’import le quali, introducendo il concetto dell’equivalenza fin dagli inizi, portarono nel tempo agli sviluppi odierni che tutti conosciamo e che sono stati fondamentali per gli scambi commerciali dei prodotti bio. I tre “corpi” normativi, così come li conosciamo oggi, sono stati nel tempo oggetto di un grande lavoro di “manutenzione”, quando non di vera e propria “ristrutturazione” con particolare riferimento al passaggio dal Reg. CEE n. 2092/91 al Reg. CE n. 834/2008 e relative regole di attuazione. Senza entrare nel merito dei contenuti delle varie revisioni, possiamo registrare come l’intensità di questi lavori sia stata direttamente proporzionale al “peso” dei medesimi (inteso in numero di caratteri che li compongono):
  • il NOP, dopo la sua pubblicazione ha ricevuto 15 revisioni, essenzialmente a carico delle liste nazionali delle sostanze ammesse e proibite;
  • l’OPR, dopo la sua pubblicazione ha subito una sola revisione; i due Standard che lo completano, nella loro prima versione del 2006 hanno ricevuto solo tre revisioni e, successivamente, una ripubblicazione completa nel 2015;
  • le cose in Europa sono decisamente più articolate. Il Reg. CEE n. 2092/91 è stato revisionato con ben 70 diversi regolamenti prima di andare in pensione il 31 dicembre 2008; ad oggi il Reg. CE 834/2007 ed i suoi regolamenti di attuazione (il Reg. CE 889/2008 ed il Reg. CE n. 1235/2008) sono già stati revisionati con altri 46 regolamenti. Complessivamente siamo ad una media di 4 regolamenti all’anno ai quali vanno ad aggiungersi le disposizioni attuative dei singoli Stati membri.
Con buona pace del settore che ha manifestato in modo unitario e in varie occasioni di non volere questa nuova ristrutturazione, l’aspettativa è che la produzione di regolamenti che prenderà avvio dopo la conclusione del trilogo non segua lo stesso ritmo degli anni precedenti. A tal proposito si può evidenziare come, sull’altra sponda dell’atlantico, le modifiche ai rispettivi quadri normativi non abbiano mai comportato, ad esempio, un cambio di logo o un cambio nella codifica degli Organismi di certificazione o un cambio delle diciture obbligatorie sull’etichettatura dei prodotti (es. origine) o modifiche al sistema di controllo nel suo complesso. Non è certo parere di chi scrive che le cose debbano rimanere immutate ad imperitura memoria, ma attendersi un minimo di assestamento e di “tranquillità normativa”, trascorsi ormai 26 anni dal primo regolamento, sarebbe un gran bel risultato. Chissà come fanno in nord America? Basta leggere con attenzione le loro norme e la risposta viene da sé. E chissà se con la nuova regolamentazione europea saranno poste le basi di questa felice decrescita normativa?